L’avevo promessa, volevo parlarne, perché ci sono dei libri che restano davvero dentro e di cui ricordi, non le virgole, ma gli spazi bianchi. C’è anche un po’ di me in più, spesso mi dite che sono espansiva ma riservata e che parlo troppo poco della mia vita al di fuori del lavoro…
Con “La traiettoria” di Alessandro Benetton è stato amore a prima riga, credo fosse dovuto anche al periodo in cui l’ho letto, è un libro da assaggiare, non va divorato. È un libro che va riposto dopo poche pagine e pensato. È un libro che, a metà della mia settimana di ferie, tra le mie montagne, la sera, quando quella che pensavo certezza si è sgretolata mi ha raccontato quale fosse stato il mio sbaglio: vivere sulla mia traiettoria, senza aver pensato di doverla modificare per arrivare.
[Apertura parentesi]
Per chi come me è cresciuta in Veneto, Benetton è familiare.
Sono cresciuta a Marcon, nella provincia di Venezia, ultimo paese prima della provincia di Treviso, la famiglia Benetton per noi è assolutamente la normalità, ci siamo cresciuti accanto, molte delle persone che conoscevo ci lavorano. Io compravo maglioni, magliette a manica corta e lunga e pantaloni, rigorosamente neri, in Piazza Ferretto, a Mestre, quando andavo a farmi le vasche (struscio, suona meglio?).
[Chiusa parentesi, torno sul pezzo]
Perché leggere questo libro?
Per porsi nuove domande, di sicuro, e non solo per chi come me cerca ispirazione e formazione continua per passare il testimone del SEO strategist da una parte e diventare un’Imprenditrice con la I maiuscola convinta, dall’altra.
So di essere partito con un certo vantaggio. Ma so anche che la mia vita – come quella di tutti – non è stata una passeggiata. È stata una maestra. Mi ha insegnato che ognuno di noi è ciò che fa quando gli capita quello che non si aspetta.
Quell’ognuno, seduta al tavolo della cucina, guardando il campanile di Arabba, con la tisana tra le mani e la pioggia dentro e fuori, ha iniziato il libro leggendo queste parole.
Quante volte ci è successo nella vita di credere di avere tutto sotto controllo e, invece, arriva quell’inaspettato che la traiettoria te la fa rivedere, ti porta a nuove domande, ti cresce tra le ferite e ti ricorda che sotto controllo non c’è nulla da tenere ma solo da
Cercare una traiettoria e allontanare ogni abitudine e preoccupazione per percorrerla
“Dai, su, Giulia ma sono cose scontate” e, infatti, vedo attorno a me tutta gente che pensa di vivere una vita su una traiettoria e, alla fine, di traiettorie originali resta ben poco.
Per porsi nuove domande, dicevo, per la vita personale e lavorativa, per misurarsi mentre si segue una traiettoria, per capire quando cambiarla senza paura alcuna, per evitare di farsi vivere dalla vita, invece, di vivere la vita che vogliamo.
Va letto per il vogliamo, così poco accettato nella Società, perché sa di vizi e supponenza e, invece, lo dico sempre, è la più bella parola del mondo perché ti mette già in cammino, non lascia alibi, non è alimentato da speranze vane.
Il voglio di Alessandro (ormai amici noi eh?) è delicato, gentile ma solido ed efficace. Insegna a dirlo, in tutto il libro, per rendere quella traiettoria che scegliamo entusiasmante.
Voglio arrivare sempre più in là, d’accordo, però la falsa umiltà non mi va a genio. Essere il giudice più severo di me stesso non mi impedisce di vedere che qualcosa di buono l’ho combinato.
Perché leggere questo libro? Per ricordare. Ricordare quello che pensiamo di ricordare ma, alla fine, finisce nei meandri delle abitudini, fa passare i giorni e gli anni, e ci accascia sul divano la sera, grigi e scoloriti.
Cheppalle Giulia però, sempre gente super figa, con i soldi del papi, grazie al cavolo che la vita è colorata. Bell’alibi e applausi scroscianti a tutti!
Che Alessandro abbia avuto più possibilità di tanti di noi indubbio, ma saperle sfruttare, creare la realtà in cui vive ora, godersi momento per momento la vita, scegliere le traiettorie che l’hanno appassionato, comprendere tanto dalla propria esistenza è solo merito suo.
Mettere a disposizione il suo punto di vista, il suo percorso formativo e lavorativo, il suo pensiero è un bellissimo atto di generosità. Attraverso la sua vita, ognuno di noi, può ricordare quel bivio che non ha preso, quella traiettoria deviata, quella sensazione di aver fatto troppo o troppo poco e, magari, stavolta, evitare di dimenticarsela.
Infine, va letto per tornare a credere seriamente che non siamo soli in questo mondo, che non abbiamo nessun diritto di sentirci figli unici, che non possiamo credere di essere eterni, di affrontare oggi quello che ci renderà felici domani, che non dobbiamo giudicare ma consigliare, che tutto ciò che vogliamo è fatica, è sacrificio, è impegno.
Va letto per pensare a quanto ci siamo lasciati massacrare dal “fanno tutti così” e dal “si aspettano sia così” condito con un “se faccio questo, sai che casino genero“, sono così forti dentro di noi che vedo camminare tante statue di sale, basta una goccia di pioggia per sciogliere ogni loro “granitica” certezza.
Se vogliamo schiuderci alle possibilità e metterci nelle condizioni affinché la vita accada, dobbiamo accogliere la discontinuità, assecondare le metamorfosi, favorire il cambiamento.
Leggere per ispirarsi, a volte, per curarsi
Non so se vi ho convinto, se si capisce che è un libro per prendere coraggio, quello che serve per essere il più sereni possibili in questa vita con tanti picchi di felicità.
Non so se l’avete già letto e non vi ha portato nulla, a volte, i libri vanno lasciati sul comodino in attesa di essere pronti ad accoglierli. Questo può essere uno di quei libri.
Non so se la vostra vita sia come la volete e se non lo è, se avete l’energia per trovare nuove traiettorie. Io sì, io lo voglio. Io voglio, da sempre, fin da quando ho ricordi, vivere questa vita sapendo che chiuderò gli occhi sorridente, perché ho scelto di ascoltare chi ha davvero qualcosa da dire, di escludere chi vuole attrarmi nel mondo della mediocrità, di allontanare chi pensa che “tanto non cambia niente” e “tanto non si può fare niente”.
Leggetelo questo libro, credetemi, vale la pena di farlo entrare tra le ferite, qualsiasi esse siano, perché anche quelli fortunati come lui (lo so che non si può fare a meno di pensarlo) se le sono leccate, è quello che hanno fatto dopo che fa tutta la differenza del mondo. E a me, personalmente, ha dato tanto.
Mi sento un uomo in cammino, che conosce i suoi limiti, che convive con la paura di sbagliare, e che ha appreso a fare della consapevolezza la sua forza.